Il diario di Irene Bernasconi
a cura di e con Laura Nardi
Scritto e diretto da Amandio Pinheiro
Collaborazione artistica di Simone Faucci e Amandio Pinheiro
Consulenza storica e antropologica di Elio De Michele e Roberta Tucci
Marionette di Francesca Turrini
Spettacolo per adulti
Anno di produzione: 2023
“Il diario di Irene Bernasconi” è uno spettacolo tratto dal diario omonimo, pubblicato all’interno del libro “I granci della marana. Irene Bernasconi e la Casa dei Bambini di Palidoro”, a cura di Elio Di Michele, autore insieme a Lorenzo Cantatore, Ezio Di Genesio Pagliuca, Hilda Girardet, Marta Mattiuzzo, Nina Quarenghi, Laura Rossin, Egildo Spada e Marcello Teodonio (Edizione Il Formichiere).
Irene Bernasconi è una maestra del Canton Ticino, formatasi a a Ginevra e “patentata” presso l’Unione Femminile di Milano nel nuovissimo Metodo Montessori.
Nel dicembre del 1915, a 29 anni, Irene lascia “la famiglia cara” e il patrio Ticino, “spinta da un sentimento umanitario” per fare scuola “in un posto dove non voleva andare nessuno, fra gente primitiva, bisognosa d’affetto; fra bambini anche sporchi, scalzi, stracciati: bambini vicini alla terra”, nella "Casa dei bambini secondo il metodo Montessori" di Palidoro.
I suoi piccoli scolari sono figlie e figli dei guitti, popolazione semi nomade, veri paria della campagna, i più umili, i più sfruttati, i più miserabili lavoratori della terra, che, lasciate le case della Ciociaria, giungevano a Palidoro in autunno per poi fuggirsene all’inizio dell’estate, scacciati dallo spettro della temibile malaria.
Il suo diario rappresenta uno straordinario e sconosciuto documento storico, prova del grande laboratorio pedagogico quale sono state le scuole dei contadini dell’Agro Romano a cui hanno partecipato nomi illustri - mariologi, intellettuali e educatori - quali Angelo Celli, Sibilla Aleramo, Ettore Marchiafava, Giambattista Grassi, Alessandro Marcucci.
Non si tratta solo di una fotografia delle origini di un territorio, ma testimonianza della funzione sociale della scuola in una società povera, malata e degradata, come quella dei primi del Novecento, per mano di una figura femminile da annoverarsi – a tutti gli effetti – una delle prime femministe della Storia d’Italia.
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